di Trippi
Giuro che se c'è qualcosa che non ho mai capito è il
diritto alla malattia: il funzionamento degli orari di reperibilità, l'invio dei certificati entro i due giorni o la consegna al rientro in ufficio. Quanto bisogna mancare per avere diritto al rimborso dall'INPS piuttosto che dall'azienda? L'importo rimborsato in busta perchè cambia? Il mio compagno viene pagato al 100%, io al 90!
Per quale motivo, poi ci sono aziende che non ti pagano se non stai a casa almeno un tot di giorni? Nel periodo nero, quello in cui ho collezionato ore di lavoro assurdo nonostante fossi regolarmente assunta, l'azienda non riconosceva la malattia sotto i tre giorni. Per fortuna non ebbi mai necessità. Ma in compenso avevo colleghe che avevano trovato il sistema per riposarsi e già che c'erano lo facevano a lungo. Ogni mese infilavano i giorni strategicamente, a cavallo di week end o periodi di lavoro particolarmente devastante. Giovani fragili donne ventenni che soffrivano di tutti i mali catalogati dalla scienza medica.
Un paio di anni fa ho scoperto sulla mia pelle che si ha il diritto al rimborso dei giorni di assenza dall'Inps anche in caso di contratto a progetto. Basta inviare i certificati medici rossi, quelli rilasciati dal medico di base, entro i termini di legge. Peccato che a me non l'avesse detto nessuno e quando l'ho saputo era ormai troppo tardi.
Ecco io questa cosa dell'invio della raccomandata entro i due giorni la trovo assurda. Perchè se uno sta male davvero, oppure è immobilizzato a casa o all'ospedale, come fa ad andare alle poste a fare un invio? Oppure molto banalmente a compilare tutti quei dati pedanti e ridondanti? Non dovrebbe essere sufficiente il codice fiscale?
Tutte queste differenze nelle modalità e nei tempi di certificazione dipendono dai contratti? Io e due persone a me care ultimamente abbiamo fatto ricorso a questo diritto in modi diversi e per motivi differenti.
Nel mio caso con un full time e un contratto a tempo indeterminato è bastato inviare alla mia società (via fax) copia dei certificati rilasciati dall'ospedale, i giorni di prognosi richiesti dal medico che mi ha operato e il certificato rosso del medico di famiglia che certificava la richiesta.
Una mia amica, invece, ha dovuto chiedere al medico di certificarle almeno 10 giorni di malattia, altrimenti la sua datrice di lavoro non le avrebbe pagato le giornate. Nonostante abbia due bambini piccoli (uno di 7 e uno di 3 anni) e teoricamente dovrebbe poter stare a casa anche per la loro malattia, non può stare male per uno o due giorni, come spesso capita quando si hanno figli di quell'età o perchè molto banalmente ci si ammala, ma si guarisce in una settimana.
Sorvoliamo poi sulla maternità! Lo spauracchio di qualsiasi datore di lavoro. La spada di Damocle sul collo di ogni donna in età fertile!
Personalmente penso che la malattia sia un diritto del quale non si deve abusare, ma penso che si dovrebbe uniformare l'accesso, la gestione e il rimborso. In una parola semplificare!! E' chiedere troppo?
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