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Colossi dai piedi d'argilla costruiti sulle terre di chi non ha possibilità di decidere o esportazione di ecologia?
L'italiana Salini Costruttori ha iniziato i lavori per la costruzione della Gibe 3, una gigantesca diga, la più grande mai costruita in Africa, grazie alla vittoria di una gara di appalto in cui era l'unica candidata.
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Obiettivo dichiarato: rendere il paese africano il primo produttore ed esportatore di energia elettrica del continente.
Ma questa struttura, secondo il paleontologo ed ecologista keniano Richard Leakey, metterebbe a rischio la sopravvivenza delle popolazioni che basano la propria esistenza sui cicli del fiume arrivando ad abbassare persino il livello del lago Turkana (già in pericolo di suo).
Una denuncia di Survival mette l'accento sulle conseguenze drammatiche nei confronti delle popolazioni indigene della Valle dell'Omo, le quali non sarebbero state informate di quanto sta avvenendo e vedrebbero evaporare le loro fonti di sostentamento. Infatti l'economia delle tribù a ridosso del fiume dipende in larga parte dalle alluvioni del fiume, che detta i tempi della semina e del raccolto. Senza le piene l'ecosistema ne uscirebbe gravemente alterato, causando siccità e danni incalcolabili alla capacità di sussistenza.
Gli accordi sono stati presi direttamente dall'azienda italiana e le autorità etiopi per la realizzazione di opere destinate alla produzione di energia "ecologica". La prima tranche di opere: un tunnel tra due fiumi nella valle dell'OMO costruito con i fondi della coooperazione italiana (220 milioni di euro). Dopo una controversa stima di impatto ambientale la realizzazione della struttura, Gibe 2, l'inaugurazione in diretta tv con tutto l'apparato statale locale in pompa magna e il nostro ministro Frattini. Peccato che la megaopera si sia impiantata dopo solo 2 settimane di funzionamento. Turbine in panne e tanti saluti all'energia elettrica ecologica per le popolazioni locali, che conoscono l'arte di arrangiarsi.
Ma questa struttura, secondo il paleontologo ed ecologista keniano Richard Leakey, metterebbe a rischio la sopravvivenza delle popolazioni che basano la propria esistenza sui cicli del fiume arrivando ad abbassare persino il livello del lago Turkana (già in pericolo di suo).
Una denuncia di Survival mette l'accento sulle conseguenze drammatiche nei confronti delle popolazioni indigene della Valle dell'Omo, le quali non sarebbero state informate di quanto sta avvenendo e vedrebbero evaporare le loro fonti di sostentamento. Infatti l'economia delle tribù a ridosso del fiume dipende in larga parte dalle alluvioni del fiume, che detta i tempi della semina e del raccolto. Senza le piene l'ecosistema ne uscirebbe gravemente alterato, causando siccità e danni incalcolabili alla capacità di sussistenza.
Gli accordi sono stati presi direttamente dall'azienda italiana e le autorità etiopi per la realizzazione di opere destinate alla produzione di energia "ecologica". La prima tranche di opere: un tunnel tra due fiumi nella valle dell'OMO costruito con i fondi della coooperazione italiana (220 milioni di euro). Dopo una controversa stima di impatto ambientale la realizzazione della struttura, Gibe 2, l'inaugurazione in diretta tv con tutto l'apparato statale locale in pompa magna e il nostro ministro Frattini. Peccato che la megaopera si sia impiantata dopo solo 2 settimane di funzionamento. Turbine in panne e tanti saluti all'energia elettrica ecologica per le popolazioni locali, che conoscono l'arte di arrangiarsi.
La Salini, dal canto suo, risponde all'attacco bollandolo come "grossolano errore" nel calcolo della capacità dell'invaso della diga da parte di "soliti nomi" contrari a impianti idroelettrici per "fede". Tranquillizza sull'impatto ambientale della struttura, ma avvisa che pur lasciando aperti i propri siti e blog alla critica e alla discussione non esiterà a ricorrere in giudizio se dovessero esserci attacchi diffamatori all'azienda stessa e ai propri tecnici.
Siamo tutti per lo sviluppo sostenibile, figuriamoci nelle aree depresse del pianeta. Ma viene in mente un'altra area, depressa dopo una catastrofe. Mi auguro che questi signori abbiano davvero fatto tutti i controlli necessari per la valutazione dell'impatto ambientale.
Dighe solide, infatti, non bastano da sole a garantire il futuro delle popolazioni locali.
Viene automatico il ricordo del Vajont, quando la diga rimase su, gigante solidissimo di cemento armato, fu la montagna a crollare sulla vita della gente della valle.
Qui sotto la prima parte di un documentario della BBC sulla diga della discordia
2 commenti:
Ma roba da matti...Come guadagnare sulle discrazie altrui...Ma quante VANNA MARCHI ci sono da condannare ancora..D'ACCORDO!!!
Ciao Anonimo, di gente pronta a guadagnare sulle disgrazie altrui se ne trova dappertutto. La rarità è trovare chi non ci prova. Ti dirò in realtà sono del parere che lo sviluppo debba passare proprio dalla costruzione delle infrastrutture. In un continente come quello africano, le cui ricchezze sono sempre state sfruttate dagli altri e portate altrove, la costruzione di dighe uno sviluppo sostenibile andrebbero non solo appoggiate, ma incentivate. In realtà ce ne sarebbe bisogno anche in Italia, senza andare tanto lontano. Quello che mi spaventa sono i metodi. La questione del concorrente unico e la mercificazione delle risorse del paese dei governanti etiopi. Aspetteremo e vedremo
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